Figlio
Grande è Altrove con il gruppo teatrale della scuola. Rappresentazione prevista
in serata. Quindi, papàtassista si deve mettere l'animo in pace: toccherà
uscire a notte fonda per andare a recuperare Figlio Grande davanti a scuola,
dove lo scodellerà il pullman che porta in giro i teatranti.
"Dovremmo
arrivare verso le undici e mezza", ha detto Figlio Grande al cellulare.
Papàtassista
poco dopo le undici saluta moglieschiantatadisonno, le dà il bacio
della buona notte, si infila la fida giacca verde militare ed esce. Sotto casa
la Punto nera arabescata di graffi e bozzi di varie forme e dimensioni dorme di
fianco a una supponente Mercedes lavata di fresco. Papàtassista preme il
bottoncino sulla chiave. La Punto risponde "bip" e batte gli
occhi/fari svegliandosi infastidita.
"Anche
stasera dobbiamo uscire?", chiede la Punto con voce impastata di sonno.
"Eh sì…",
risponde l'uomo con la fida giacca verde militare.
"A che
ora arriva?"
"Ha
detto alle undici e mezza…"
"E tu
gli credi?"
"Fai
meno la spiritosa e vedi di metterti in moto!"
Brummmm,
brummmm. L'uomo sistema lo specchietto, regola la distanza del sedile, accende
i fari, recupera la mascherina della radio, la incastra nell'apposito spazio,
accende e inizia a far manovra.
Dalla radio
esce la voce nasale e lamentosa di Ramazzotti. Ecco, ci mancava solo lui!
Papàtassista guida e intanto scorre i canali. Radio Deejay con i suoi
conduttori dall'accento milanese, sempre "troppo simpaticissimi".
Clic. Un'Anna Oxa d'annata a Radio Italia. Clic. Inevitabile Radio Maria. Clic.
Finalmente un pezzo decente. Sade: Smooth
Operator.
La Punto si
rilassa, l'uomo guida in punta di dita attraverso la città semi deserta. Luci
gialle, poche auto, qualche passante frettoloso, un ragazzo di colore su una
bici scassata che ondeggia pericolosamente.
La scuola è
in periferia, appoggiata alla tangenziale, nel quartiere che fu feudo di
Savinuccio Parisi. Malavita seria, mica rubagalline improvvisati. Davanti alla
scuola il palazzetto dello sport in cui di tanto in tanto fanno i concerti. Tra
i due edifici un grande parcheggio senza nemmeno una macchina. È lì che la
Punto va a fermarsi. Con un sospiro meccanico si spegne.
Papàtassista
comincia a preoccuparsi. Perché non c'è nemmeno un altro genitore in attesa?
L'uomo con
la giacca verde militare guarda la scuola immersa nel silenzio. Un
parallelepipedo anonimo senza alcuna attrattiva. Brutta come sono brutte tutte
le scuole costruite in questo Paese dagli anni sessanta in poi. Roba tirata su
in fretta con pannelli prefabbricati. Basterebbe questo a testimoniare quanto
poco interessi a questo Paese la formazione dei suoi ragazzi. Riforme su
riforme che pasticciano precedenti riforme pasticciate. Con l'unico,
inconfessabile, scopo di ridurre i costi dell'istruzione. All'uomo con la
giacca verde militare girano a trottola i "cosiddetti", quando sente sproloquiare in TV di: "inglese & informatica". A parte che
magari venissero insegnati in modo
decente l'inglese e l'informatica, non è per quello che rinchiudiamo i nostri
figli in questi brutti edifici. Dovrebbero star chiusi lì dentro
per imparare a pensare, a ragionare, per imparare cosa è bello, cosa è giusto, perché sviluppino
la loro creatività.
E questi
parlano di inglese, di informatica, di essere pronti per "il mondo del
lavoro". Questi sognano in realtà una generazione di impiegati e operai ignoranti
che lavorino senza protestare, quando invece le sfide del millennio si giocano sulla capacità di innovare, di
ripensare, di ottimizzare, di essere creativi, di produrre cultura.
L'uomo
nella Punto, che nel frattempo si è riappisolata, beata lei, si incazza a
pensare a queste cose e intanto il tempo scorre e il parcheggio resta deserto.
Squilla il
cellulare. È Figlio Grande. L'uomo si illude chiami per dire che stanno
arrivando, invece sente in sottofondo confusione e rumore di stoviglie. Gli
cascano le braccia.
"Papà,
purtroppo abbiamo finito solo poco fa e ora siamo in pizzeria per mangiare
qualcosa prima di rientrare".
Ma porca di
una porca di una porca miseria!
Naturalmente
non è stato possibile avvisare prima (magari prima che questo sfigato con la
giacca verde militare uscisse di casa), naturalmente ci ha provato, ma "non
c'era campo" (ma chi l'ha detto che ormai gli operatori telefonici coprono
il 99% del territorio nazionale e, se è vero, perché i figli si muovono
sempre e soltanto in quell'1% del territorio nazionale non coperto dal
segnale?), naturalmente gli dispiace molto, naturalmente non saranno a Bari
prima di un'ora, un'ora e mezza.
"Ciao…
chiudo che arrivano le pizze!"
L'uomo
scende dalla Punto nel parcheggio deserto e va avanti e indietro in mezzo al
nulla per smaltire il nervoso. Poi rientra in macchina. La Punto finge di
dormire, ma si capisce che sta ridacchiando. All'uomo verrebbe voglia di
mettere in moto e cominciare a sgommare in tondo per il parcheggio, per farle
girare la centralina elettronica, così impara a sfottere.
Tocca
mettersi tranquillo, tocca aspettare.
L'uomo
ascolta la radio. Passa a raffica una serie di stazioni senza quasi capire cosa
trasmettano. A un certo punto si ferma e canta mezza "A te" insieme a
Jovanotti, poi riprende a girare e manda al diavolo un deejay troppo
simpaticissimo, salta al volo un rosario su Radio Maria, muove la testa a tempo
con un vecchio pezzo hard rock su Virgin Radio.
Poi l'uomo
si rifugia nello schermo dello smartphone. Dà un'occhiata a facebook, poi a
twitter, poi alle notizie del giorno sul sito de La Repubblica, ma la linea è
troppo lenta e le pagine ci mettono un sacco a caricare. Allora si mette a
giocare con la fotocamera, fotografa il parcheggio deserto, fotografa la luna,
si fotografa la faccia stanca nel buio. Mamma mia come sembra stanca e vecchia
la sua faccia in foto. Così cancella tutto, mette da parte lo smartphone
(robaccia cinese che scalda come un ferro da stiro), incrocia le braccia e
sbuffa.
"L'una meno dieci…" mormora l'uomo.
"Non
doveva arrivare alle undici e mezza?" canzona una vocetta.
"Una
volta o l'altra faccio il pieno con la nafta invece che con la benzina"
ringhia l'uomo.
La Punto
capisce che non è aria e torna a fare l'automobile. E le automobili, come è
noto, non parlano.
Ma ecco che
cominciano a comparire alcune auto che si fermano, una qui una là, nel grande
parcheggio. Con ogni evidenza sono genitori di altri ragazzi del gruppo
teatrale che, avvisati per tempo da pargoli con cellulari misteriosamente
capaci di trovare campo, hanno evitato di passare un'ora e mezza seduti in
mezzo al nulla a pochi passi dalla tangenziale in quello che fu il Regno di
Savinuccio Parisi.
All'una
precisa, quasi muso a muso con la Punto arabescata di graffi, si ferma una
macchinetta fichissima da cui scende una mamma ancora giovane inguainata in
jeans che forse sono tatuati, con una giacchettina di pelle e occhiali portati
a mo' di fermacapelli su capelli che gridano parrucchiere alla moda a gran
voce. La donna con tutta evidenza si ritiene strafighissima perché si poggia in
posa plastica contro la macchinetta, sciorina una sigaretta sottile, la accende
con mosse studiate e si mette a fumare che neanche Greta Garbo nei film del
muto.
Ogni tanto,
come per caso, la strafighissima butta un'occhiatina verso papàtassista giusto per vedere se sta guardando. Che gusto
c'è, infatti, a recitare da strafighissima senza pubblico?
Dalla
penombra circostante compare, come dal nulla, un papàstrafighissimo, con pochi
capelli, un po' di pancia, ma passo fermo, sorriso sicuro, maglioncino di marca
poggiato sulle spalle come mantello di Superman e iphone in mano (mica
cellulare cinese che scalda come un ferro da stiro!). Abborda la strafighissima
con una battuta ben studiata e lei ride, buttando indietro la testa. Inizia un
balletto con coreografia collaudata. È una scena che a papàtassista sembra di
avere già visto un milione di volte.
Papàtassista
riflette per l'ennesima volta che lui non è proprio fatto per queste cose. Non
è neanche questione di essere sposati. Anche se fosse single non sarebbe capace
lo stesso. Si sentirebbe ridicolo ad andare a eseguire la danza rituale che
stanno danzando i due strafighissimi di fronte a lui. Gli verrebbe da ridere e
rovinerebbe tutto.
Intanto
eccolo! Dietro i due commedianti spuntano i fari potenti del pullman. I
teatranti sono tornati.
Il pullman
si ferma davanti alla scuola, i due strafighi a malincuore interrompono il
rituale di pre-accoppiamento. Ragazzi e ragazze scendono, si salutano fra loro.
La Punto
capisce che è ora di riscuotersi. Brummmm brummmm. Sbadiglia e sbatte i fari.
Figlio
Grande, con il suo inconfondibile ombrello di capelli che non conoscono la mano
di nessun parrucchiere (né alla moda né non alla moda), si materializza nel
riquadro del finestrino con l'aria tra l'assonnato e il preoccupato. Ha paura
che papàtassista gli spari un pippone da papàincazzato per il fatto che non
l'ha avvisato per tempo del ritardo. Infatti si siede in macchina e comincia
subito a giustificarsi.
Papàtassista
fa finta di niente. Chiede come è andato lo spettacolo.
La Punto
scassata percorre le strade deserte di quello che fu il Regno di Savinuccio
Parisi.
Nello
specchietto retrovisore i fari di una macchinetta strafighissima. Dentro c'è
una mamma strafighissima con accanto qualche figlia sicuramente anche lei strafighissima.
Papàtassista
guarda con la coda dell'occhio Figlio Grande con i suoi jeans, i capelli
assurdi e la faccia da bravo ragazzo. Nessuno di loro due correrà mai il
rischio di diventare uno strafighissimo con il maglioncino di marca portato
sulle spalle come il mantello di Superman.
All'uomo
con la giacca color verde militare scappa nella penombra un involontario
sorriso.
Figlio
Grande non se ne accorge. Tranquillo perché ha scampato la possibile sfuriata,
pasticcia col suo smartphone. Non è esattamente robaccia cinese che scalda come
un ferro da stiro, ma quasi.
La Punto
canticchia tra sé e sé.
Papàtassista
tende l'orecchio: è " Smooth Operator
" di Sade.
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CERTI COLORI PER LE AUTO DOVREBBERO ESSERE VIETATI PER LEGGE... |