lunedì 17 settembre 2012

Case Editrici a pagamento.

Case Editrici a pagamento. Una contraddizione in termini. 
Oggi ho la fortuna di pubblicare con editori seri, ma in passato ho ricevuto e scartato molte proposte "indecenti", per cui è un argomento di cui posso scrivere con cognizione di causa. L'occasione per tornare sul tema è stato uno scambio di mail con un amico, aspirante scrittore, reduce da una cocente delusione (sperava di essere a un passo dalla pubblicazione del suo primo romanzo, e invece...). Mi è dispiaciuto e mi è tornata la rabbia.
E siccome a volte un racconto è più efficace di una discussione...

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La mail occhieggia languida e invitante.
Resti lì a leggerne e rileggerne l’oggetto, senza il coraggio di aprirla, a bocca aperta, come neanche davanti alle foto di Pamela Anderson.
Perché tu sei uno scrittore (vabbè, insomma, non è che hai mai pubblicato niente, ma adori scrivere, hai scritto ben due, dico DUE romanzi per cui, sì, nei tuoi sogni sei già un po’ collega di Camilleri) e la mail proviene nientepopodimenoche da un editore. Meglio ancora: è la risposta di un editore a una tua mail con la quale gli hai mandato in visione uno dei tuoi romanzi.
Ti avevano detto che gli editori ci mettono mesi e mesi prima di leggere quello che ricevono e che, se il libro non gli interessa, non rispondono nemmeno: lo cestinano e basta.
Per cui, se invece ti hanno risposto… e ti hanno risposto così presto… allora… forse…
Anche se cerchi di tenere brutalmente a freno la fantasia, nella mente passano fulminee immagini di te seduto sulla poltrona delle interviste dell’ultimo programma TV di Fazio, mentre disquisisci con distaccata ironia del tuo formidabile romanzo di esordio, vero caso letterario del secolo; di te che butti giù un sorso di liquore Strega direttamente dalla bottiglia, come tradizione dei vincitori dell’omonimo Premio Letterario; di te che ti fai bello a una presentazione del tuo libro con alcune giovani lettrici adoranti; di te che una di quelle giovani lettrici adoranti te la rimorchi, la porti in un motel e…
GLOM! (ingoi a vuoto).
Forza, non si può più aspettare. Cerchi di convincerti che tanto non sarà niente, tanto sarà un rifiuto, tanto… (temi una bruciantissima delusione).
Doppio clic! Si apre la benedetta mail.
Gli occhi si sgranano all’infinito, diventando grandi come due sottobicchieri di peltro, mentre fioriscono davanti a te le esatte parole che hai sempre sognato di leggere: “Gentilissimo autore”; “… i nostri più vivi complimenti… “; “… opera di rara originalità…”; “…stile personale ed efficace…”; “…plot intrigante e avvincente…”; “… grandi prospettive…”; “…fantastici destini…”; “… chi più ne ha più ne metta…”; “… e bla, bla, bla…”; “… e ancora bla…”.
Stai tremando. Non capisci neanche bene cosa dicono. Capisci solo che sono entusiasti del tuo romanzo.
Il tuo romanzo. Già… ma quale dei due gli hai mandato? In questo momento, emozionato come sei, non te lo ricordi. Hai spedito mail a diverse case editrici. Boh. Devi andare a controllare.
Apri la cartella della “posta inviata” con l’indicatore del mouse che ballonzola avanti e indietro secondo gli sghiribizzi della tua tremarella e individui finalmente la mail originale, alla quale hai allegato il testo mandato in visione.
Quale dei due? Hai mandato l’introspettivo e delicato “Inaspettate espettorazioni” o il potente e coraggioso “Storia di un vicecapufficio che non teme di fare alcune oculate critiche al suo superiore?”.
Ti blocchi interdetto. Perché il testo che hai allegato non ha né l’uno né l’altro titolo. Hai allegato invece un documento di Word dal titolo “Promemoria”. Resti come un ebete a fissare la mail. Promemoria? Porca paletta! Nella fretta, imbranato come sei col computer, invece di allegare il file di uno dei romanzi hai allegato un altro file contenuto nella cartella documenti! Ma di cosa si tratta? E’ forse un vecchio racconto che neppure ti ricordi di avere scritto? Oppure la bozza di un altro romanzo…
Spezzi finalmente l’immobilità. Doppio clic sull’allegato. Si apre un documento Word.
Lo riconosci subito: è il dettagliato promemoria in più pagine che, paranoico come sei, hai buttato giù l’estate di due anni fa prima del fine settimana a Parigi con tua moglie. Un promemoria pieno di ripetizioni e di errori di battitura in cui hai messo nero su bianco, in modo maniacale, da buon ansioso, tutto quello che dovevate portare, per paura di dimenticare qualcosa (“… quattro paia di mutande di ricambio…”; “… la crema per le emorroidi…”), e elencato i posti da visitare (“… mezza giornata al Louvre, che sennò mio cognato ci prende per il culo se non ci andiamo…”; “… una giornata a Eurodisney…”; “… non più di due ore alle Gallerie Lafayette, che sennò mia moglie si spende la liquidazione…”).
Diventi rosso fino alla radice dei capelli. Hai mandato alla casa editrice quella roba? E loro…
Torni precipitosamente alla mail che ti hanno mandato e allora, solo allora, la leggi con sufficiente lucidità, fino in fondo.
Ed ecco che, dopo la sfilza di salamelecchi, cominciano a dirti che, nonostante tu sia praticamente il nuovo Calvino resuscitato e tornato tra noi, la realtà del mondo editoriale italiano è difficile, la gente è brutta e cattiva, i lettori sono bastardi che non capiscono l’arte - mentre loro sono dei santi editori che lavorano non per profitto, ma per filantropia - ma, insomma, ecco, nella misura in cui, tra le righe, a prescindere, e bla, bla, bla e ancora bla, sono dispostissimi a pubblicarti e a lottare fino alla morte al tuo fianco a patto che anche tu dimostri “fattivamente” di credere in te stesso e nella tua arte, partecipando alle spese di pubblicazione con un modesto contributo che non è nemmeno il caso di quantificare in questa sede, che potrete concordare nella telefonata (a tuo carico) che è bene tu faccia immediatamente, senza frapporre indugio e che, comunque, non c’è alcun problema perché sono convenzionati con la Banca del Boccalone che eroga prestiti fino a diecimila euro anche ai pluripregiudicati protestati a cui siano state mozzate le mani in paesi islamici dove vige ancora la legge del Taglione.
Mentre i tuoi occhi, tornati piccoli come sfinteri anali di formica, leggono le ultime righe, le tue orecchie registrano un rumore di bilie che rotolano sul pavimento.
Non hai bisogno di girarti per sapere che sono le tue palle, cascate giù, con cui il gatto di casa gioca, facendole correre con la zampina lungo il corridoio…

CIOE' MI STATE DICENDO CHE VOI PRENDETE IL MIO LAVORO E CHE A PAGARE SONO IO???