giovedì 27 novembre 2014

I GIORNI SONO ACQUA


I giorni sono acqua.

Scorrono veloci. Cerco di trattenerli, ma con un setaccio. Lavoro inutile e stupido, quindi. Mi passano tra le dita uno dopo l'altro e ogni giorno rimanda il suo senso al successivo.

Oggi non ho potuto… oggi non ho saputo… oggi non ho fatto… oggi non ho detto…

Ma domani!

Poi domani niente. Domani è come oggi. Acqua in un setaccio.

Non restano pagliuzze dorate nel mio setaccio, come nei giorni fortunati nei setacci dei cercatori d'oro del Klondike (quando sento "Klondike" mi viene sempre in mente Zio Paperone, a voi no?).
 
In gran parte è colpa mia, chiaro. Non so vivere il presente, solo proiettarmi nel futuro. Tipico di chi da sempre vive di sogni. Immaginare, immaginare, immaginare. Una propensione utile per uno che scrive, diciamo pure necessaria. Un po' meno utile quando, invece che scrivere, si dovrebbe vivere.

Provo a convincermi che non è solo colpa mia. Che dipende anche da come si è strutturato questo mondo, dalla velocità innaturale che ormai lo contraddistingue, dalla bulimia di stimoli e impegni che strozza e soffoca le nostre vite. Troppe cose, troppi oggetti, troppe variabili, troppe connessioni. Per tempo immemorabile ci siamo mossi, abbiamo lavorato, abbiamo agito a una velocità di crociera più umana, più ragionevole. Fatica, sudore e lavoro, ma con la possibilità di alzare la testa, tergersi la fronte, guardare l'orizzonte. Oggi viviamo a testa bassa. Il nostro orizzonte, spesso, è quello della foto che abbiamo messo sul desktop dello smartphone.

Non lo so, magari cerco solo scuse.

Per le cose non dette, gli abbracci mancati, le decisione rinviate.

Di tanto in tanto riesco a tappare un po' di buchi, a ridurre la portata d'acqua nel setaccio, a recuperare qualche scampolo di tempo sprecato. Di rincorsa, in recupero. Salvataggi in corner in scivolata. Come un calciatore scarso che cerca di arginare il campione sfuggente che gli è stato dato da marcare. Perché faccia un gol di meno, per una sconfitta più onorevole. Tutto qua.

I giorni sono acqua.

E io una volta nuotavo meglio.
 
Forse non è stata una buona idea lasciare quel posto al Catasto...
 

mercoledì 12 novembre 2014

IL LETTORE CREATIVO


Il romanzo, come un quadro, è un'opera aperta.

La scrittura è la metà di una mela, la cui metà mancante è nella mani del lettore.

Anzi, a ben vedere possono esserci una infinità di mele differenti, a seconda della chiave di lettura (della creatività, appunto) del lettore, per cui diciamo allora che lo scrittore possiede la metà di un frutteto e che i lettori detengono ognuno la metà mancante di un singolo frutto di quel frutteto.

Molti scrittori vivono con sofferenza questa realtà. Si sforzano disperatamente di chiarire il proprio punto di vista, di esporre nel modo meno equivoco possibile la loro storia, nel timore che il lettore "non capisca".

È un atteggiamento molto umano e molto comprensibile , ma perdente e sostanzialmente sbagliato.

Perdente perché è impossibile "guidare" la mente del lettore, sbagliato perché così facendo lo scrittore, senza volerlo, rischia di castrare la sua opera e privarla delle mille sfaccettature che i lettori saranno in grado di scoprirvi. Sfaccettature che l'autore, pur avendo scritto la storia, non è in grado di vedere.

Venendo alla mia esperienza personale, mi è successo più volte di confrontarmi con lettori che mi hanno dato una chiave di lettura per me assolutamente imprevista dei miei romanzi. Non ho difficoltà a confessare che in alcuni casi è scattata istintiva la considerazione silenziosa: "non ha capito niente…".  In altri casi, invece, l'interpretazione della mia storia datami da un lettore è risultata illuminante, nel senso che solo in quel momento e solo grazie a quel commento, sono arrivato a capire, a posteriori, le reali motivazioni che mi hanno mosso a scrivere quella certa cosa.

L'attività della scrittura, infatti, pur così meditata, frutto di limature e aggiustamenti, per cui il romanzo che il lettore si trova tra le mani è il risultato talvolta di infinite modifiche e cambiamenti rispetto alla stesura originale, conserva comunque una forte componente inconscia, si sviluppa nella mente a un livello profondo che non sempre l'autore riesce a indagare fino in fondo.

È la classica, affascinante, esperienza che ogni autore fa in alcuni momenti di particolare "ispirazione" (ammesso che l'ispirazione esista) quando la storia fluisce da sola dalle dita e chi scrive è quasi più simile a un lettore che a uno scrittore, nel senso che resta a osservare con sorpresa l'idea che la sua mente ha partorito, lo sviluppo imprevisto della trama, la descrizione inaspettatamente vivida di una scena, la battuta di dialogo in precedenza mai immaginata che salta fuori, perfetta, credibile ed efficace non si sa bene da dove.

Perciò, se la scrittura è un processo che si svolge, in parte, in una regione non del tutto cosciente della nostra mente, può benissimo essere che un lettore attento e sensibile sappia cogliere persino meglio dell'autore alcuni nessi, alcune sfumature, alcune motivazioni che fanno da spina dorsale della storia narrata.

Insomma lo scrittore dovrebbe comportarsi coi propri romanzi come il genitore ideale, che dovrebbe fare di tutto per dare a un figlio i migliori strumenti possibili per capire il mondo e se stesso e poi, al momento giusto, farsi da parte e lasciarlo andare, lasciare che cammini con le proprie gambe smettendo di cercare di guidarlo o di condizionarlo.

Esattamente quello che i genitori, nella realtà, non riescono a fare.

Così come gli scrittori.

Ovviamente.
APRIRE UN ROMANZO E' APRIRE UNA FINESTRA SU UN MONDO
 

martedì 14 ottobre 2014

Il corpo e l'amore



L'età non è che fa sconti. Non capita mai che vada all'indietro. Perciò il nostro corpo non è che migliori. Pian piano invecchia, c'è poco da fare. Per ora non ancora in modo drammatico ma, insomma, invecchia.

Una coppia di lungo corso lo sa bene. Ognuno vive la lenta, bastarda trasformazione del proprio corpo ma, di riflesso, anche la trasformazione del corpo dell'altro.

Ci deve essere amore, ci deve essere affetto, ci deve essere stima. Ci debbono essere un sacco di cose per vivere con sufficiente serenità questo lento, inevitabile declino.

Bisogna amarsi abbastanza da amare il corpo di chi ti sta di fianco come il tuo. Come il tuo appunto, nel senso che devi continuare ad amare anche il tuo corpo, non deve diventare solo una confezione in cui è incartata la tua anima. Gli devi volere un po' di bene anche se lo guardi allo specchio e non lo riconosci. Gli devi volere bene anche se non è più bello, punto e basta.

Quando ero ragazzo mi sembrava strano, persino indecente, vedere due anziani scambiarsi effusioni. Mi sembrava che quella dell'amore fisico, del sesso, fosse una stagione legata indissolubilmente alla giovinezza, che fosse destinata per sua natura, a cessare con lo sfiorire dei corpi.

Idea stupida. Come molte delle idee che si hanno da giovani. Anche se su quelle idee ci imposti la vita, salvo poi, diventato adulto, capire che non avevi capito. Ma questo è un altro discorso.

Per fortuna, invece, l'amore e l'attrazione e il sesso sono dentro la testa e vivono in una dimensione che si serve dei corpi, ma non è i corpi. Che è poi il motivo del grande successo del sesso virtuale. Ma anche questo è un altro discorso.

Dove non arriva più la tonicità della pelle e dei muscoli, dove non arriva più lo splendore dei sorrisi e dei capelli, dove non arriva più il vigore delle energie strabordanti, può arrivare la complicità e l'amore.

Con la mezza età, insomma, il sesso ha ancora più bisogno del sentimento.

I giornali per "donne liberate", invece, suggeriscono piuttosto la via della trasgressione. Per carità, sul piano pratico funziona pure quella e può anche essere divertente. Ma pensare di tenere in vita una coppia con iniezioni di completini e gite al sexy shop mi pare una pia illusione, una battaglia di retroguardia, una lenta ritirata.

O, comunque, il gioco e la trasgressione hanno senso solo in un contesto in cui io e te siamo una coppia che gioca e non, invece, se io sono io e tu sei tu e giochiamo insieme solo perché siamo gli unici ospiti della ludoteca.

Non so le altre coppie: ognuno ha la sua alchimia, i suoi meccanismi.

Io il nucleo del nostro amore lo ritrovo in certi sguardi. È lì, intatto, giovane, nei nostri occhi.

Vedo una luce quando mi guardi in un certo modo che è sempre la stessa.

Al punto che mi pare quasi di sentire l'ansia sottile degli esami di stato ancora da fare.

Io ho sempre la mia vespa scassata, che fra poco mi fregheranno davanti all'ingresso della pineta, mentre stiamo su una panchina a pomiciare e tu hai sempre il tuo fazzolettino annodato al collo sottile.

E ridi, come sai ridere solo tu.

E io mi sento felice.

 
...ailloviù!!!

mercoledì 13 agosto 2014

MITI, SUICIDI E COGLIONI

Sono i miti per eccellenza della nostra epoca: ricchezza e successo.
Anzi, nell'ordine, prima il successo e poi la ricchezza.
Essere in cima alla piramide o, per lo meno, avere un posto al sole. Arrivare in TV, vedere le proprie foto sui giornali, il proprio nome nelle classifiche.
Sono miti diffusi e pervasivi al punto che la maggior parte di noi, nel suo piccolo, sul palcoscenico dei social network, gioca alla celebrità, si fotografa, si racconta, si presenta al meglio, o magari al peggio, se pensa che questo lo renda "figo", anticonformista, personaggio.
Nel mondo in cui viviamo chi non ha apparenza sente di non avere sostanza. Di non esistere.
E quella di non esistere è la peggiore delle sensazioni. Ben lo sa il bambino per il quale essere ignorato dai genitori è il peggiore dei castighi. E, infatti, non a caso, cosa insegna la perfida Tata dell'omonimo programma TV ai genitori loffi che implorano un metodo per gestire bambini ingestibili? Quando fanno i capricci ignorateli. Alla fine smetteranno e torneranno con la coda tra le gambe. Sembra una cosa civile, non violenta. Ma certe volte mi chiedo se lo scapaccione sul sedere utilizzato dai nostri genitori non realizzasse lo stesso risultato provocando, nel complesso, meno sofferenza ai bambini.
Lasciando da parte i miei dubbi montessoriani e tornando ai miti dei nostri giorni, non ho difficoltà a confessare che nei miei sogni babbei da scrittore sconosciuto di mezza età ogni tanto anche io mi chiedo come sarebbe se imbroccassi un libro di successo e diventassi, non dico ricco, ma un po' meno povero e non dico famoso, ma non più del tutto sconosciuto.
Sono sogni troppo radicati nel nostro subconscio, anche in quello degli ex giovani, per non ammaliare con canto di sirena gli Ulisse di tutte le età.
Poi arrivano notizie come quelle del suicidio di Robin Williams.
Uomo ricco e famoso. Uno che in cima alla piramide c'era stato un sacco di volte. Uno che non solo aveva un posto al sole, ma si era abbronzato a lungo.
Come accidenti succede che uno che ha realizzato il sogno della maggior parte degli altri uomini cade in depressione, arriva a distruggersi di alcool e alla fine si strozza con una cintura?
Era lui un coglione che non ha saputo apprezzare la fortuna che gli è capitata (o che si è conquistata, fate voi) o forse invece coglioni siamo un po' tutti, perché ci facciamo abbagliare da specchietti per le allodole, perché ci lasciamo abbindolare da falsi miti?
Se è così allora coglione sono io per primo, con i miei sogni consolatori da aspirante scrittore famoso, che si vede intento a bere alla canna la bottiglia di Strega all'esito vincente del ben noto premio-vetrina per scrittori-che-pensano-di-essere-fighissimi.
Successo e fama. Soldi e foto sui giornali. Essere riconosciuti e applauditi. Sentirsi su un livello più alto, lontano dai limiti e dai problemi della vita di tutti i giorni.
Fuffa. Puttanate.
Il suicidio di Robin Williams come di tanti altri personaggi di successo (tanti, proprio tanti, troppi…) viene a dirci con un'evidenza ben maggiore del canto di qualsiasi sirena che successo e fama sono solo sovrastrutture, sono qualcosa che arriva e non ti cambia nel profondo, non ti trasforma in un Superman con superpoteri, non guarisce le tue ferite, non risolve i tuoi dubbi, non cancella le tue sconfitte, non amplia i tuoi orizzonti, non aumenta il tuo quoziente intellettivo, non ti fa più furbo, non ti rende meno stronzo.
Un coglione quando raggiunge la fama e il successo non diventa un genio.
Diventa solo un coglione famoso.
E la fama non è garanzia di talento. Oggi diventano famosi anche mister e miss nessuno che si sono trovati davanti alla telecamera giusta al momento giusto. Una fama e un successo sempre più effimeri, sempre meno significativi, sempre più frutto del caso.
Lo dico soprattutto ai ragazzi dell'età dei miei figli, ben sapendo che la mia è una voce debolissima che i reality idioti di MTV subisseranno senza sforzo, con una singola inquadratura del culo della decerebrata urlatrice di turno che si rotola di soddisfazione per essere riuscita ad acchiappare il suo quarto d'ora di "celebrità" a costo di tutta la dignità avuta in dote in qualità di essere umano.
Ragazzi suonate prima di tutto perché vi piace suonare, recitate perché vi piace recitare, scrivete perché vi piace scrivere, tirate calci a un pallone perché vi piace giocare.
Trovate piacere nelle cose che fate.
Il resto è fuffa, fuffa, fuffa.
Puttanate, puttanate, puttanate.
Chi guadagna producendo film, musica, libri, dirette televisive, campionati di calcio, vi prende e ci prende per il culo. Alimenta in tutti i modi l'illusione che la fama e il successo siano i sinonimi della parola felicità. Perché il mondo dello spettacolo e dello sport è un tritacarne che per funzionare e produrre soldi ha bisogno di carne da cannone. E la carne da cannone siete voi.
Per arrivare in cima alla piramide bisogna sacrificare tutto, è questo che ci ripetono. Ci convincono che il sacrificio vale la pena perché in cima alla piramide c'è il sole. Ma quando si arriva si scopre, regolarmente, che il sole è grandissimo e molto vistoso, ma fatto di cartone, che tutti i nostri limiti e i nostri problemi ci hanno seguito, come cani fedeli, anche là in cima, e che quello a cui abbiamo rinunciato è esattamente quello che, da quel momento in poi, ci mancherà e ci impedirà di essere soddisfatti.
È quello che in cima alla piramide hanno trovato Marilyn Monroe, Ernest Hemingway, Luigi Tenco, Kurt Cobain. E qualche giorno fa anche Robin Williams.
L'importante è la passione. Il piacere che si ricava dallo scrivere, suonare, recitare, segnare un gol.
Il successo, se mai dovesse arrivare, è un accessorio. Oserei dire quasi "un male necessario", che si trovano talvolta a subire quelli particolarmente bravi.
Tenetevi stretti i sogni, le vecchie chitarre, gli amici, i padri e le madri (se non sono troppo rompiscatole), il vostro cane, il vostro posto speciale in riva al mare o sulla panchina di un vecchio giardino. Non sacrificate niente di tutto questo per scalare nessuna piramide.

Le piramidi lasciatele ai faraoni. Che, per quanto si siano sbattuti da vivi per farle costruire, sono morti lo stesso e oggi sono ridotti a macabri soprammobili nelle teche dei musei.



lunedì 28 luglio 2014

CHE IDEA FICHISSIMA!!! (O NO?)

Cosa passa nella mente di uno scrittore mentre lavora a un nuovo romanzo? Procede deciso e incrollabile come un treno o è ogni momento preda dell'ansia e dell'incertezza? Difficile generalizzare.
Quella che segue è una ricostruzione volutamente esagerata, caricaturale.
Eppure sono convinto che, almeno in parte, ogni autore potrà un po' riconoscersi ;-)




CHE IDEA FICHISSIMA!!!


Lunedì 2 febbraio. Notte.
Che idea! Che idea fichissima! Ma vi rendete conto cosa esce da questo cervello? Ma vi rendete conto?
Certe volte mi stupisco pure io. Cioè il cervello è mio, ma anche a me sembra impossibile che mi vengano fuori certe genialate. Sono troppo forte!
Ma poi in modo in cui sono riuscito a scriverla! Che efficacia, che stile, che ritmo!
Gli americani con tutti i loro investimenti pubblicitari mi fanno un baffo. Due baffi. Barba e capelli mi fanno, per non dire altro, che non sono un tipo volgare io e non mi lascio andare a facili battute… Vabbè: una pippa! Ecco cosa mi fanno a me gli americani, una formidabile pippa, e lasciatemelo dire, che quando ci vuole ci vuole.
Adesso lo lascio qui sopra, al centro esatto della scrivania, il mio fantastico manoscritto.
Domani mattina, quando mi sveglio, lo voglio ritrovare qui a aspettarmi, voglio riprenderlo tra le mani e rileggerlo per sentire di nuovo che…


Martedì 3 febbraio. Mattina
Che cagata! Che illeggibile cagata! Ma vi rendete conto di quali cazzate escono fuori da questo cervello bacato?
Certe volte non credo ai miei occhi. Se almeno fossi uno che beve e si sbronza, uno che si droga, potrei dire che ero ubriaco o strafatto mentre scrivevo.
Che banalità, che sciatteria, che pesantezza. Sono il peggiore scribacchino della galassia.
Neanche le stringhe delle scarpe gli posso legare io agli americani. Quelli sì che sanno scrivere romanzi avvincenti. Deve essere una cosa genetica, qualche cromosoma che mi manca.
Adesso lo prendo e lo butto nel cestino questo ammasso di carta inutile. Anzi no, mi dispiace sprecare tutti questi fogli. Facciamo così, li giro a faccia in giù e li lascio qui per usarli sul retro, che è bianco.
L’importante è che non mi ricapiti più di lo sguardo su questo orrore che…

Venerdì 6 febbraio. Pomeriggio
Che poi non è così male a guardare bene.  C’è di peggio in giro. Cioè il romanzo di quello che ha venduto un sacco questa estate, coso, che manco mi ricordo come si chiama, cosa aveva di tanto particolare? Solo perché è americano?
Sì, insomma, qualche espressione è troppo sfruttata e forse il personaggio principale è un po’ stereotipato, ma… magari tagliando qualcosa nella prima parte… riscrivendo il finale con un ritmo più serrato…


Mercoledì 11 febbraio. Mattina
Non ce la farò mai…
Hai voglia a cambiare un aggettivo, a spostare il soggetto, a semplificare i dialoghi…
Una fiammata, ecco cosa dovrei fare. Prendere un cerino e dare fuoco a tutto!


Sabato 14 febbraio. Mezzogiorno
Così mi sembra vada meglio. Adesso scorre, non ci sono più quelle cadute di tensione che c’erano prima.
L’esperienza serve, eccome se serve. Tanti anni di scrittura, il confronto con altri scrittori, il corso di scrittura creativa. Alla fine uno acquisisce i ferri del mestiere e quando c’è da riparare i difetti di un testo sa dove mettere le mani.
Un po’ di pazienza, ancora una rilettura e…


Mercoledì 18 febbraio. Sera
E’ inutile leggere e rileggere, resta comunque una mezza cacata.
Non c’è modo di riscattare un testo che è venuto fuori mediocre, questa è la verità. Fosse servito a qualcosa quello stupidissimo corso di scrittura creativa: tempo e soldi buttati via.
Se fa schifo, fa schifo. Bisogna avere il coraggio di metterci una pietra sopra, basta. Passare avanti, buttarsi in un altro progetto. Questo è un cadavere. Cosa voglio fare? Vegliare un cadavere all’infinito?
In giardino lo dovrei seppellire questo canovaccio buono solo per farci una telenovela. Una roba per pubblico di bocca buona, ignorante, che non sa cogliere…


Domenica 22 febbraio. Pomeriggio
I nessi, i dettagli, le sfumature. Ecco la cosa migliore del romanzo.
Sono riuscito a dare al racconto quella profondità che manca agli americani, sempre così lineari, troppo attenti alla trama e poco alla qualità della scrittura. Invece senti che forza questo passaggio, senti che delicatezza, senti che…


Martedì 24 febbraio. Mattina
Che mosceria…
Il romanzo è tutto sfumature e niente sostanza, manca una storia forte, di quelle che ti colpiscono.
Gli americani sono maestri in questo. Noi non siamo proprio capaci…


Venerdì 27 febbraio. Notte
Tutto sommato… Con le correzioni che ho fatto…
Non sarà un capolavoro, ma insomma…
Mamma mia che sonno che mi è calato…


Sabato 28 febbraio. Mattina
Pronto? Casa editrice Pincopallo? Sono XY, volevo parlare con… Sì grazie, aspetto…
(musichetta d'attesa)
Pronto? Ciao, sono io. Come stai? Mi fa piacere… Io? Tutto a posto, sì….
Ascolta… Allora… ho completato la seconda stesura.
Come dici? L’impressione? Bè dai, alla fine sono abbastanza soddisfatto. Magari ci sarà da lavorare ancora un po’ ai dettagli, ma non mi sembra malaccio.
Facciamo così, te lo mando. Dagli un’occhiata con calma, quando hai tempo, e dimmi cosa te ne sembra. Io intanto stacco qualche giorno, ho bisogno di riposarmi. Cosa? Vacanze? No, che vacanze. Al massimo oggi e domani vado dai miei in campagna, tutto qua.
Spero che vi piaccia.
Ok… allora buon fine settimana.
Sì… Anche a te… Sì… a risentirci… ciao!



Che poi... quel posto di contabile...





martedì 29 aprile 2014

DA BAMBINO LEGGEVO I FUMETTI

Da bambino ho letto vagonate di fumetti.
I grandi storcevano il naso.
“Che sono quelle stupidaggini? Perché non leggi qualcosa di serio?”
Allora gli facevo notare che accanto ai fumetti leggevo Salgari, Verne, London, Twain.
Ma i grandi storcevano di nuovo il naso. E di nuovo ripetevano:
“Che sono quelle stupidaggini? Perché non leggi qualcosa di serio?”
Insomma, secondo i grandi, le uniche cose che avrei dovuto leggere erano i quotidiani e i libri di scuola.
“Se leggi quelle scemenze non imparerai mai niente! Non diventerai mai nessuno nella vita!”
I grandi avevano ragione.
Non sono diventato quello che volevano loro.
Non sono diventato ricco, non sono diventato importante.
Sono diventato solo uno scrittore.

E cioè quello che volevo diventare io.




EHI! LO SO CHE NON E' NATALE!


lunedì 28 aprile 2014

SUPER PIRLA!!!

C'è stato un tempo in cui mi divertivo a disegnare vignette...

NON LEGGI BENE? VAI DALL'OCUL... EHM, VOLEVO DIRE, CLICCACI SOPRA CHE L'IMMAGINE SI ALLARGA!