venerdì 4 maggio 2012

E ADESSO CHI LO DICE A...

Ci sei riuscito!
Porca miseria ce l’hai fatta!
Hai scritto un romanzo fichissimo, una roba che manco gli americani, con protagonista un serial killer cannibale a cui da la caccia una detective coprofaga che poi si scopre essere a sua volta una serial killer che segue per errore le tracce di una setta di pedofili che combattono contro un’altra setta di violentatori di suore.
Una roba che la tua casa editrice si è leccata i canini grondanti sangue di esordiente e ha rotto il porcellino salvadanaio per farti promozione.
Cavoli sei forte, sei trasgressivo, sei…
Sei nella merda!
Perché una cosa è rispondere in modo caustico alle interviste sui blog o giocare all’autore “maledetto” su facebook, ma ben altra cosa è raccontare a tuo padre, a tua madre, a tua zia Cesira, a Don Fulgenzio, alla maestra di tua figlia, al barista del Bar Sport sotto l’ufficio, di cosa parla il romanzo che hai pubblicato.
Mica facile.
Ti pare di sentirla tua mamma, ancora ignara della trama del tuo romanzo, che con voce commossa parla con le sue conoscenti: “Mio figlio è sempre stato un bambino così sensibile, signora mia! Fin da piccolo ci è sempre piaciuto di scrivere. Che mi ricordo ancora la poesia sulla mamma che mi ha scritto che aveva dieci anni e quel racconto così delicato sull’uccellino piccolo che cade dal nido, quella volta che ha vinto il concorso alla parrocchia di San Barbanente…”. E ti sembra di vederle le conoscenti di tua mamma che, curiose come scimmie, entrano (magari per la prima volta in vita loro) nella libreria del paese, chiedono dov’è il romanzo del “figlio della Jole”, lo prendono in mano, vedono la copertina con il serial killer cannibale che sbrana una tibia mentre sullo sfondo la detective coprofaga sbrana… (vabbè, ci siamo capiti) e poi escono dalla libreria e non salutano più la Jole neanche sotto tortura.
Già te lo immagini tuo padre che si chiude in casa con le persiane abbassate, che non va neanche a ritirare la posta dalla cassetta delle lettere per paura che il portiere gli tenda un agguato per chiedergli a bruciapelo, con quel sorrisetto da ex tesserato della DC, se è fiero di avere un figlio che ha pubblicato un romanzo che l’Osservatore Romano ha messo all’indice come ai tempi della Santa Inquisizione.
Per non parlare dei compagnucci di classe di tua figlia che, dopo aver captato i commenti caustici dei loro genitori, non perderanno occasione di andarle a chiedere, tutti eccitati, se è vero che il suo papà ha scritto un libro con una poliziotta che si mangia la cacca. La qual cosa, a dire il vero, ti renderà popolarissimo tra i bambini. Molto meno tra le mamme che li aspettano all’uscita di scuola.
E tua moglie? Tua moglie che ce le ha sulla punta della lingua certe domande, che si sforza di non farle e però non può fare a meno di girarle e rigirarle nella mente. Sì, insomma, che vorrebbe capire: com’è che sei così preparato sui riti sadomaso in cui ti dilunghi nel sesto capitolo? E come mai sembri saperne così tanto sui gusti sessuali delle sedicenni di cui disquisisci dottamente nel dodicesimo capitolo? E, visto che ci siamo: quanti accidenti di anni hai detto che ha questa editor della casa editrice che vi sarete telefonati mille volte mentre sistemavate le bozze e l’hai pure ringraziata nella pagina dei ringraziamenti? E ringraziata di cosa? Di quale genere di “assistenza”?
Asciugandoti il sudore che cola dalla fronte, resti lì a chiederti seriamente se davvero non sarebbe stato meglio pubblicare una bella raccolta di poesie sul dramma degli uccellini caduti dal ramo e finiti nelle grinfie del gatto crudele o sugli occhi dolci delle mamme dai capelli imbiancati. Un bel libretto che avrebbe comprato solo tua mamma e un paio delle sue amiche, non perché gli freghi qualcosa delle poesie, ma per poter insultare i propri figli dicendogli: “vedi che belle cose scrive il figlio della Jole alla sua mamma? E tu? Tu che non ti sei neanche ricordato del mio compleanno?”
E intanto ti contatta la tv locale: “verrebbe alla nostra trasmissione Scrittori senza morale a parlare del suo trillerone dirompente?”
E intanto ti scrive la nota rivista alternativa: “ci rilascia un suo illuminante parere sull’indubbio valore del bondage nello sviluppo della società occidentale?”
E intanto ti arriva l’invito a far parte della giuria della prossima edizione del prestigioso “Premio Storie Porcelle”.
E ora?
Chi lo racconta a Don Fulgenzio?


P. S.
Io scherzo ma confesso che non è stato semplicissimo quella volta che ho dovuto raccontare a mia mamma che stavo pubblicando un romanzo intitolato...

"Gliene prenoto una copia Don Fulgenzio?"


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