lunedì 26 settembre 2011

Benvenuti al nord-sud-est-ovest

Ieri sera mi sono depresso davanti alla puntata di “Presa Diretta” su RAI 3.
Il divario nord – sud in Italia si trascina, aggravandosi, da 150 anni.
L’idea dominante – miope e sbagliata, anche da un punto di vista strettamente economico –è che il sud sia una palla la piede del nord e che, tagliando i finanziamenti pubblici al sud, il nord potrà “respirare”.
In realtà ogni economista che si rispetti può spiegare come sia impossibile che il PIL complessivo di una nazione cresca se la metà di quella nazione viene lasciata andare alla deriva. Del resto il sud acquista una fetta importante dei beni prodotti al nord e se il reddito medio della popolazione del sud cala rovinosamente è di tutta evidenza che le aziende del nord vanno in crisi per mancanza di vendite.
A chi pensano di vendere i loro prodotti gli imprenditori del nord che appoggiano la Lega e la sua idea infantile di secessione? Pensano di venderli tutti all’estero? A chi?
In Germania il divario ovest – est lasciato in eredità dalla caduta del muro di Berlino, era persino peggiore di quello che corre tra nord e sud Italia. E i tedeschi cosa hanno fatto? Hanno lasciato andare alla deriva l’est? Hanno fatto una secessione? No. L’ovest ha investito una valanga di denaro all’est, accettando di “supertassarsi” per alcuni anni, creando tutte le infrastrutture necessarie (strade, linee telefoniche, ecc) perché diventasse più facile per i privati andare a investire nella parte est del paese.
In poco più di 10 anni il divario tra le due metà della Germania è stato in gran parte colmato e oggi la Germania è il paese europeo che meglio sta reggendo alla crisi, l’unico che riesca ancora a crescere.
L’intero paese beneficia di quella scelta onerosa. Se ieri quella scelta non fosse stata fatta, la Germania oggi arrancherebbe come arranchiamo noi.
Chi ha avuto la lucidità di fare queste scelte? Gli imprenditori? No. La scelta è stata politica, la Germania ha potuto contare su una classe politica che ha saputo comprendere i problemi e programmare delle soluzioni.
Lo Stato ha fatto la sua parte, una parte determinante e irrinunciabile. E la Germania non è uno stato assistenziale di tipo sovietico: è un paese liberista.
In Italia negli ultimi 20 anni qualcuno si è sforzato di convincerci che lo Stato è il male e la libera imprenditoria è il bene, che tutto quello che viene privatizzato funzionerà meglio, per cui lo Stato deve tenersi sostanzialmente fuori dalle scelte economiche.
Il risultato è un sistema che va a rotoli, una barca che affonda priva di timoniere. Perché in realtà alla luce di questo presunto liberismo “de noantri” si è legittimata la spoliazione, il depredamento di interi settori del paese, si è lasciato che i pescecani attaccassero e spolpassero, arricchendosi alle spalle della comunità.
Chi siede al governo, palesemente non sa governare. Non è solo una questione di mignotte e di tempo passato a scoparsele e rubato agli impegni istituzionali, è proprio che l’uomo che da anni guida il paese non è capace di fare il suo mestiere. Sa forse fare l’imprenditore, ma di certo non sa fare il politico. Come statista vale 2 centesimi, la sua visione del futuro è quella di un cieco che cammina in terreno sconosciuto, che rifiuta orgogliosamente l’aiuto dei passanti e va a schiantarsi contro tutti i pali che trova sul suo cammino.
Non è detto che chi siede all’opposizione sia molto più capace, ma di fronte al totale fallimento di chi ha governato negli ultimi anni, le regole democratiche e il buon senso vogliono che si cambi. Che il paese venga affidato a altre mani. Se saranno più capaci, ben venga. Se saranno altrettanto incapaci, che si tolgano dalle scatole. E il paese venga affidato di nuovo a chi sembrerà dare maggiore affidamento.
Per aggrapparsi agli ultimi relitti galleggianti.
Per non affondare.


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