Aspirazioni e
aspettative cambiano con gli anni.
Quando nel 2009 ho
pubblicato “Pinocchio.2112” e l’ho visto sugli scaffali di una libreria, ho
sentito di avere realizzato il sogno di una vita: in quel momento mi sono
sentito appagato.
Poi, però, è subentrato
il desiderio di pubblicare ancora, ed effettivamente nel 2011 ho pubblicato “Luisa
ha le tette grosse”, nel 2012 “Nebbie”, nel 2015 “Extasia” e quest’anno “La
ragazza che non sapeva respirare le nuvole”.
Dovrei
sentirmi soddisfatto. Infatti in parte lo sono.
Però…
Però la mente umana, per sua natura, raggiunto un obbiettivo tende inevitabilmente a focalizzarsi
su un altro.
Premesso che non penso che il valore
di uno scrittore dipenda dalla casa editrice con cui pubblica o dalla mole
delle sue vendite, credo che l’aspirazione,
non dico alla “fama” e alla “ricchezza”, ma almeno alla visibilità e a una remunerazione
decente del proprio lavoro creativo, siano legittime.
Proviamo a fare una
metafora calcistica.
Se paragoniamo Camilleri, Ammaniti o la Mazzantini a giocatori
di serie A e il signor Rossi - che ha pubblicato a pagamento con un finto
editore che gli ha stampato 500 copie e non l’ha mai distribuito in libreria - a
un dilettante che gioca nel torneo aziendale, possiamo dire che scrittori che pubblicano
con editori conosciuti e vendono le loro 5.000 copie all’anno (credetemi,
non sono poche per i numeri modesti della nostra editoria), possono essere paragonati
a calciatori di serie B, mentre quelli come me, che pubblicano (non a pagamento)
con un minimo di continuità e vendono nell’ordine delle centinaia di copie (e,
credetemi di nuovo, gli autori che pubblicano con piccoli editori raramente superano questi ordini di grandezza) sono paragonabili a onesti
calciatori di serie C.
C’è chi già si sente
soddisfatto di giocare in serie C.
Altri, però, non
riescono a non sognare di giocare in serie maggiori. E, infatti, essendo io un
inguaribile sognatore, sono esattamente in una fase della mia vita in cui non
riesco a non sognare di riuscire in futuro a fare qualche stagione in una serie
maggiore.
Aspirazione che si
scontra, però, con una certa stanchezza, una certa disillusione, alimentate
anche dalla maggiore comprensione delle logiche e delle dinamiche (e delle reali
prospettive) commerciali ed economiche che guidano il mondo dell’editoria.
Credo che gran parte di
quelli che pubblicano con piccoli editori maturino a un certo punto la
sensazione che, per quanto ci si possa spendere e sbattere, difficilmente si riuscirà
a spostare in modo davvero significativo l’ordine di grandezza delle vendite. Si
può magari riuscire a vendere qualche centinaio di copie in più, ma questo
risultato - sicuramente auspicabile per l’editore - nella stragrande
maggioranza dei casi non consente il “salto di categoria”, quel passaggio almeno
alla serie B, per intenderci, di cui parlavo sopra.
Quello passa attraverso
altri accadimenti, tipo l’interessamento di un editore di maggiori dimensioni
con maggiori possibilità di fare promozione, che intervenga a rilevare (sempre
nel paragone calcistico) il “cartellino” dello scrittore.
È anche vero che il
grande editore quasi sempre si avvicina all’autore che pubblica col piccolo
editore solo dove vede dei volumi di vendite potenzialmente interessanti, per
cui comunque, almeno da questo punto di vista, bisognerebbe impegnarsi nell’autopromozione;
nel lungo periodo, però, si tratta di un’attività faticosa (anche dispendiosa!),
che richiede un tempo che molto spesso l’autore, anche volendo, non riesce a
trovare.
Insomma, vi confesso che
questo per me è un periodo in cui mi sento un po’ “in mezzo al guado” e la cosa
peggiore è che questa sensazione, invece che spronarmi, mi rende più pesante il
lavoro di scrittura al punto che sto faticando a lavorare a nuovi romanzi.
Non a caso in questi
ultimi due anni ho lavorato di più sul versante delle sceneggiature, forse per
una fame di “novità” o, più banalmente, perché in questo ambito mi trovo a
collaborare con il mio amico Antonio e la condivisione di un progetto creativo
con un altro autore mi aiuta a trovare motivazioni.
Non ho paura di smettere
di scrivere narrativa. Questo no.
So che continuerò a scrivere.
Devo trovare, però, la
serenità di accettare che con ogni probabilità, come per la stragrande maggioranza
degli scrittori che conosco, il mio destino sarà quello di continuare a giocare
in serie C, e per un sognatore è un passaggio tutt'altro che semplice.
A questo punto, la mia
priorità deve essere quella di giocare delle buone partite, indipendentemente dalla serie in cui milito.
E fanculo se non
manderanno mai i miei gol alla Domenica Sportiva.