Le grandi case editrici hanno i mezzi per mettere gli
autori famosi (o quelli che ritengono possano diventarlo) nelle condizioni di
essere ben visibili.
È quella che si chiama “promozione del libro”, che va
dall’acquisto di spazi pubblicitari, alla sollecitazione di recensioni, fino
all’acquisto dei migliori spazi espositivi nelle librerie (qualcuno pensava che
la posizione dei libri nei megastore fosse scelta dal libraio? Naaaa! Succede
sì e no in qualche libreria indipendente).
Il libro, pur con sue caratteristiche e un suo pubblico
particolare, è comunque una merce e come tale viene trattato; con la finalità
ultima di essere venduto.
La promozione ha costi importanti. Un piano di
promozione che voglia appena, appena essere serio costa migliaia di euro e
presuppone, per essere fatto in modo proficuo, il lavoro di un professionista.
A ben vedere le grandi
case editrici realizzano la parte più significativa del loro fatturato con
pochi titoli, quei cinque o sei best seller che abitano nel corso dell’anno le
vette delle classifiche. Le altre centinaia (per le case editrici più grandi:
migliaia) di titoli pubblicati nel corso dell’anno portano introiti magari
complessivamente interessanti ma, comunque, molto modesti se rapportati al
singolo titolo. Perché il nostro mercato editoriale ha dimensioni ridotte e
spesso anche i romanzi pubblicati da Mondadori & Co. vendono poche
centinaia di copie.
Senza promozione non basta
il “marchio”, non basta aver pubblicato per un grosso editore, si resta
sconosciuti (e quindi invenduti) lo stesso.
Sintetizzando, per quanto
riguarda la narrativa il bilancio dei
grossi editori si fa soprattutto con le “Cinquanta sfumature di grigio” che
vendono una milionata di copie e solo in minima parte con la restante massa di
autori, magari bravi, magari originali, che raramente arrivano a esaurire la
prima tiratura.
Se questa è la realtà
nelle grandi case editrici, figuratevi quale può essere la realtà degli editori
piccoli e piccolissimi. Quali e quante risorse hanno da mettere in campo per
fare promozione?
E, di conseguenza, quanto
può realisticamente vendere un loro autore?
Nonostante ciò, ogni tanto
(è raro ragazzi, maledettamente raro…), un autore pubblicato da un piccolo
editore e lanciato sul mercato senza l’aiuto di significative forme di
promozione, riesce a uscire dall’anonimato. Il libro gira. Gira abbastanza da
farsi notare da un grosso editore che decide di “mettere sotto contratto”
l’autore e di ripubblicare il suo libro, questa volta con la spinta di una vera
promozione.
Come succede il miracolo?
Attraverso quel fenomeno misterioso e spontaneo che si chiama PASSAPAROLA. Fenomeno
evocato e invocato dagli esordienti e dagli “emergenti” in cerca di visibilità,
che a esso offrono sacrifici nelle notti di luna piena (eheheheh… vabbè… per
dire!).
Perché, nonostante tutto,
quella dei lettori è una grande comunità trasversale che va al di là delle
differenze di sesso, età, estrazione sociale. La passione comune fa in modo che
una operaia sinistroide di Caltanissetta possa convincere, magari con una
banale recensione su Anobii, un avvocato di destra di Belluno che il
romanzo di uno sconosciuto scrittore di Bari (toh, una città a caso!) è proprio
bello e che vale la pena andare a rompere le scatole al libraio di fiducia per
fargliene procurare una copia.
Sì, lo so, la sto facendo
un po’ troppo “mielosa”, ma in qualche modo è così.
Per questo noi autori poco
noti al grande pubblico popoliamo i siti degli amanti della lettura e i social
network, nella speranza di innescare il salvifico processo del PASSAPAROLA in
modo da raggiungere poco per volta, passettino per passettino, una massa
critica di lettori sufficiente a far diventare noto il nostro nome. Cosa che ci
permetterà, al successivo romanzo, di avere qualche speranza in più di essere
letti.
Altro non può fare, per
esempio, uno come me che di soldi da investire in promozione proprio non ne ha.
Il rischio è, chiaramente,
quello di strafare e annoiare. Perché è inutile ripetere alle stesse 100
persone una infinità di volte gli stessi messaggi. Anche qui bisogna imparare. Bisogna
imparare a frenare, a trovare la misura. E bisogna anche sforzarsi di regalare
qualcosa a chi ci legge, magari anche solo un sorriso o delle informazioni o
una riflessione. Che è quello che cerco di fare.
Se vi è capitato di
leggere un mio libro e non vi è dispiaciuto, regalatemi qualche minuto del
vostro prezioso tempo, per raccontare a qualcuno, magari nella pausa caffè,
oppure sul vostro social network preferito, che avete “scoperto” un buon romanzo.
Le piccole recensioni su
Amazon, su IBS, su Anobii o su FB, hanno la loro importanza. Mattoncini di un
plastico che si spera, poco per volta, possa diventare grande.
Io non ho cannoni con cui
combattere la guerra della promozione letteraria. Ho solo il buon, vecchio
PASSAPAROLA. Ma è anche vero che, come ci ha insegnato Sandokan, a volte si
possono vincere grandi battaglie anche avendo a disposizione solo un manipolo
di coraggiosi pirati malesi armati di piccoli “kriss” dalla lama ricurva!
TIGROTTI DI MOMPRACEM.... A ME!!! |