giovedì 26 aprile 2012

LA “PRIMA VOLTA” (NON QUELLA CHE STATE PENSANDO! UN’ALTRA)

I tempi sono cambiati. La parola “fidanzamento” resiste a fatica nel Devoto Oli e si sta perdendo l’antica abitudine di presentare il tipo o la tipa di turno ai genitori. Anche perché molto spesso la storia con la tipa o il tipo dura pochetto, non di rado lo spazio di una sola notte, e sarebbe poco cortese e poco urbano citofonare ogni sabato ai genitori verso le 5 di mattina per farglielo/a conoscere.
Specialmente se al momento della presentazione non vi ricordate nemmeno il nome.
Quando, però, una storia si fa un po’ più seria e più duratura è inevitabile che il tipo o la tipa incontrino i genitori  dell’altro. C’è sempre una “prima volta”. Che mette inevitabilmente un po’ di ansia.
Perciò con spirito di vecchio zio bonario mi sento di suggerire ai giovani lettori di questo post: “cinque saggi consigli su cosa evitare quando si incontrano i genitori di lei/lui”.

1)    Evitate sia i saluti troppo informali (“come butta Bella Zio?”) sia quelli troppo formali (“è con viva e vibrante soddisfazione che faccio finalmente la sua conoscenza, chiarissmo ragionier Lavopa!”);
2)    Evitate di portare in regalo (come fate di solito) una cassa di birra Peroni bella ghiacciata; se per sbaglio l’avevate già caricata in macchina fermatevi prima sotto casa mia, citofonate, e lasciatemela “in consegna”…;
3)    Evitate di dire quello che pensate di qualsiasi politico, sia pure dell’ultimo consigliere regionale di Trebaseleghe, prima di avere decifrato l’orientamento politico del “suocero”; presentarsi con una maglietta con sopra la faccia del “Che” o, in alternativa, il profilo di Mussolini col mentone è un po’ come giocare alla roulette russa con una pistola a due colpi e poi lamentarsi di non trovare più riflessa nello specchio metà della faccia;
4)    Evitare di chiedere con aria fintamente imbarazzata “posso andare a lavarmi le mani prima di cena?”, chiudersi in bagno a spararsi un “cannone” (per la tensione uno bello grosso!), uscire ridendo come un ebete e andare poi a toccare il sedere alla padrona di casa complimentandosi: “cavoli mamy, sei ancora bella tosta!”;
5)    Evitare di dire che siete al quarto anno fuori corso ma vi mancano “solo” ventidue esami e che, comunque, non avete problemi a mantenere una famiglia perché facendo gli strip agli addii al nubilato non si guadagna per niente male.

In una prossima puntata vi parlerò del fatto che è inutile preoccuparsi più di tanto in quanto, qualsiasi cosa diciate o facciate, i genitori del tipo o della tipa penseranno comunque di voi che siete un coglione/a.

Dichiarazioni d'amore...

giovedì 19 aprile 2012

I libri stanno morendo e anche la letteratura non si sente molto bene? :-)

Su siti e forum di appassionati lettori, accanto ai patiti delle nuove tecnologie che esaltano le “magnifiche e progressive sorti” degli ebook, leggo interventi apocalittici di lettori preoccupati non solo del futuro del libro cartaceo , ma addirittura che si sia alle soglie di una lenta agonia della letteratura in quanto tale a causa del suo divenire sempre più “immateriale”.
Ma la letteratura cos'è? La letteratura è forse "l'insieme dei libri"? Chiaro che no.
Sintetizzando fino alla stitichezza possiamo dire che letteratura è raccontare storie, e raccontarle "bene"? Qualcuno rabbrividirà a questa definizione. Mi assumo la responsabilità della sua estrema semplificazione.
Se però il nocciolo della letteratura, concettualmente, è questo e non il libro in quanto oggetto allora… Forse prima della carta non c'erano storie? Prima della stampa non c'erano storie? Prima dell'alfabetizzazione di massa non c'erano storie?
C’erano eccome. Solo che venivano raccontate a voce e tenute a mente.
Toh! Quindi per migliaia e migliaia di anni la letteratura è stata… “immateriale”? Oh yes!
Senza per questo agonizzare, morire e venire dimenticata? Oh yes!
Del resto ognuno di noi cosa conserva nella testa? Non scaffali pieni di volumi, ma sensazioni e ricordi (… diamine… anche questi “immateriali”!).
Scherzi a parte sono convinto che la letteratura in quanto tale non morirà mai, perché non morirà mai il desiderio degli uomini di raccontare e ascoltare (o leggere) storie. Potranno cambiare (e cambieranno) i modi, i supporti, le modalità, i tempi, ma resterà la creatività, il racconto, lo stupore, il piacere. O l’incazzatura, se la storia fa schifo ed è raccontata male : - )
Anche io sono tra quelli che si appassionano alle discussioni sui nuovi supporti per la lettura, ma non tanto perché mi preoccupi per la sorte dei libri cartacei (che peraltro sono convinto sopravvivranno a lungo) o tanto meno per la sorte della letteratura, bensì piuttosto perché – da autore - mi preoccupano le possibili implicazioni delle nuove tecnologie sulle tecniche di narrazione.
Ci avete pensato? Sono le tecniche di narrazione - mutate molto relativamente negli ultimi cento anni - che potrebbero essere rivoluzionate da nuovi e sempre più sofisticati supporti di lettura che consentono di ascoltare musiche e rumori, di allegare video e foto, ecc. Grazie a lettori ebook e tablet potremmo assistere a breve a nuove forme di romanzo: veri ibridi tra scrittura, musica e immagine, magari con l’ausilio anche della visualizzazione in 3D (la stanza descritta nel testo che si materializza sotto gli occhi del lettore sotto forma di immagine olografica… ci pensate?).
Per certi versi mi fa molta più paura questo ulteriore passo, che probabilmente è appena dietro l’angolo. Mi fa paura da un lato, egoisticamente, perché mi chiedo se avrò la capacità, come autore, di ideare e “scrivere” queste nuove tipologie di testi e dall’altro perché temo che l’eccessiva contaminazione possa trasformare i “libri” in qualcosa di troppo simile ai film o ai videogiochi. Impoverendo l’apporto del lettore alla storia.
Se oggi un libro è un’opera costituita per il 50% dalla creatività dell’autore e per l’altro 50% dalla capacità immaginifica del lettore, c’è il rischio che i nuovi “libri”, proponendo troppe immagini già preconfezionate, tolgano spazio al “lavoro” mentale del lettore.
Ma non vorrei contraddirmi rispetto a quello che scrivevo all’inizio.
No. Dobbiamo essere fiduciosi.
Ripetiamo tutti insieme, come un mantra: la letteratura non morirà mai! : - )


Autore che utilizza un rivoluzionario supporto di scrittura: la matita!!!


lunedì 16 aprile 2012

COME E' STRANO PUBBLICARE UN EBOOK

Pubblicare un ebook è strano.
E’ tutto così, come dire… virtuale!
Non c’è quel momento magico in cui il bolo di parole e storie e emozioni e ripensamenti e correzioni e ritmo e dialoghi e descrizioni prende forma e si concretizza in un fascio di fogli rilegati con davanti una copertina. Manca il passaggio in cui il lavoro mentale diventa oggetto fisico. Il passaggio che dice che “quel che è fatto è fatto” e che ora tocca aspettare e vedere “che effetto fa” in chi lo legge.
Mi sento come un artigiano che ha lavorato a lungo e con passione al suo manufatto, e che però non può toccarlo un’ultima volta prima di venderlo, perché appena dato l’ultimo colpo di scalpello o di pialla o di pennello o avvitato l’ultimo bullone, il manufatto gli è svaporato sotto gli occhi. Puf!
So concettualmente che esiste, che è acquistabile, che in teoria il mondo intero può leggerlo (il mondo intero? Magari!), ma tutto in astratto. Il mio cuore è pieno e le mie mani sono vuote.
Così torno e ritorno sui siti internet in cui è in vendita, riguardo la copertina, che per un ebook significa poco, è solo un’icona che serve a memorizzarlo meglio, eppure ho bisogno di imprimermela nella memoria. Sempre alla ricerca irrazionale di “sostanza”.
Lo so che non è l’oggetto che conta. Sono io il primo a dire che è la storia a essere importante, cioè il fatto che dalla mia fantasia e dal mio sudore (sudore mentale, per carità, che il vero sudore è di chi si spacca la schiena in fabbrica o sul cantiere) sia venuto fuori un racconto in cui qualcuno può immergersi, una trama in cui qualcuno può perdersi, delle suggestioni da cui qualcuno può tirare fuori quello che la sua mente e la sua fantasia desidera tirare fuori.
Non sono io quello che si è comprato il lettore di e-book e lo raccomanda entusiasticamente? Quello che scarica e legge volentieri anche sullo schermo a inchiostro elettrico, che mentre legge si scorda completamente di dove sia scritta la storia: su carta, su schermo, sulle nuvole?
Sì sono io, eppure…
Eccomi qui. Col cuore pieno e le mani vuote. Aspettando che qualcuno mi dica cosa ne pensa della mia storia, come per avere conferma che esiste veramente, che davvero qualcuno può leggerla, che non è tutta stregoneria e inganno tecnologico, che non sono vittima di un enorme “Scherzi a parte” che ha inventato l’intero internet (tutto falso! Ci aveva creduto al WEB? Che pollo, ahahahaah!) solo per farmi credere di avere pubblicato un libro in ebook.
Cavoli!
Non c’è niente da fare.
Pubblicare un ebook è strano.


NEBBIE....


mercoledì 11 aprile 2012

L'esordiente e la presentazione del libro: cronaca di un dramma annunciato.

Per dritto; per rovescio; perché siete il genio del millennio; perché avete pagato; perché avete culo.
Sia come sia: avete pubblicato un libro.
Minchia! Adesso tocca fare una presentazione! Certo che tocca farla, sennò che avete pubblicato a fare?
Sia che vi vergogniate come un verme o, al contrario, che la sola idea vi esalti e vi faccia gonfiare come uno di quei palloncini pieni di elio a forma di coniglio - che volano via dalle mani dei bambini nelle fiere di paese - in entrambi i casi vi tocca.
“Ti aiuto io, che ci vuole?” afferma con tono deciso il compagno o la compagna o la mamma o la sorella o l’amico di turno. Che un libro non solo non l’hanno mai presentato ma, a volte, manco letto. E nonostante ciò si sentono capacissimi di organizzarne la presentazione.
Già, che ci vuole?
In realtà ci vuole.  Ma lo scrittore esordiente non lo sa. E fila dritto e sorridente verso il baratro.
Basta trovare un posto. Basta fare un po’ di inviti. Basta trovare uno che presenti e faccia due domande. Basta portare uno scatolone di libri (“meglio due, non si sa mai, che poi non ci troviamo a corto se c’è richiesta…”).
Per quanto riguarda il posto, spesso si prende al volo il primo che capita, ritenendo che, in fondo, si tratti solo di uno spazio neutro in cui asserragliare torme di potenziali lettori, avidi di conoscere ogni dettaglio del nostro capolavoro.
Così capita di vedere romanzi erotici presentati nella sala parrocchiale (con interessante corollario di svenimento del vice parroco già durante la lettura dell’incipit) o saggi sulle virtù salvifiche del libero mercato presentati alla sede dell’ARCI (con interessante corollario di svenimento dell’autore quando un militante di Rifondazione in cassa integrazione si alza e gli spara un cazzottone in mezzo alla faccia) o libri sui cento modi di cucinare gli insaccati presentati al circolo dei vegani (con svenimento ritmato di quasi tutti i presenti non appena viene proiettata su uno schermo alle spalle dell’autore l’immagine di un’enorme piatto di salsiccia coi fagioli).
Riguardo agli inviti poi, c’è chi si limita a “creare un evento” (evento?!?) su FB e pensa che basti e avanzi e chi esagera e si mette a suonare i campanelli la domenica mattina come i Testimoni di Geova. Una volta ho sentito con le mie orecchie uno scrittore esordiente dire: “ho già invitato 50 persone; direi che basta, tanto la sala è piccola!”. Bellino. Mi ha fatto più tenerezza dell’orsetto Winnie The Pooh!
Altro “problemone” è il “relatore”. Qualcuno sceglie di fare tutto da solo. Che non è proprio l’ideale, specie se siete uno scrittore balbuziente. A volte però sarebbe preferibile fare da soli se non si conosce nessuno, ma proprio nessuno, che faccia il giornalista o il critico (ci sarebbe quel criticone di vostro suocero, ma non è esattamente il tipo di critico di cui avete bisogno), ma neanche, che so, il professore universitario. Magari non siete in buoni rapporti nemmeno con la professoressa di lettere della scuola media di vostro figlio (quella cretina che se l’è presa tanto solo perché il vostro pargolo le ha infilato un crotalo nella scollatura).
Così capita di partecipare a presentazioni in cui il relatore è il maestro di scuola della nipote o lo zio Peppino, che da giovane ha pubblicato un libro di poesie sulla mamma.
Ma può succedere anche di peggio. Può succedere che dopo due mesi di vergognose umiliazioni da parte vostra (con profferte neppure tanto velate di favori sessuali da parte della vostra compiacente signora) lo scrittore “appena appena famoso” che vive nella vostra cittadina accetti di farvi da relatore. Peccato che poi la fatidica sera arrivi con due ore di ritardo, sia di malumore, pretenda subito (a vostra insaputa) un acconto dei predetti favori da parte della vostra signora nel bagno della sala in cui si tiene la presentazione e poi passi due terzi del tempo a parlare del suo e non del vostro libro, che chiaramente non ha neanche letto, per poi, alla fine, far comparire come dal nulla qualche decina di copie del suo vecchio romanzo e venderle neanche tanto di nascosto in concorrenza con il vostro.
Risultato. Dodici copie vendute del romanzo dell’autore appena appena famoso. Quattro del vostro. Collant smagliati della vostra signora. Autostima buttata nel del gabinetto e fatta allegramente defluire lungo le tubature.
Altra convinzione patetica è che la presentazione di un libro basti da sola a muovere folle oceaniche. Ma siamo seri! Voi, che pure scrivete, vi muovete forse con tanta facilità per andare ad ascoltare un altro illustre sconosciuto che presenta il suo sconosciuto libro? Naturalmente no. Perché allora pensate che gli altri siano disposti a farlo?
Siamo brutalmente concreti: cosa riesce a smuovervi dal vostro rimbambimento serale davanti alla Tv? Fondamentalmente tre cose: il cibo, l’alcool, le gnocche. Quindi, cosa non deve mancare alla vostra presentazione? Bravi, vedo che siete svegli: il cibo, l’alcool, le gnocche (o se siete scrittrici e volete convogliare pubblico femminile: i “manzi”).
La presentazione ideale, quindi? In teoria un’orgia romana! Ma le orge romane costano. Più di quello che potrete mai ricavare vendendo libri. Per cui tocca ripiegare su qualcosa di meno coinvolgente. Diciamo che alcuni vassoi di pastarelle e quattro bottiglie di prosecco possono in qualche modo dare una mano alla diffusione dell’arte e che se raccontate in giro che verrà anche quella vostra nipote che è arrivata seconda al concorso Miss Maglietta Bagnata può essere che si riesca almeno a riempire le prime due file.
Gli esperti di marketing librario consigliano di inserire diversivi per non fare annoiare il pubblico. Per cui è ormai frequente assistere a presentazioni librarie inframmezzate da qualsiasi cosa: proiezione di video e diapositive, magari quelle delle ultime vacanze a Ladispoli, esibizione di band locali emergenti che aspirano a partecipare a X Factor, schiere di nipotine col tutù che replicano improbabili saggi di danza classica, maghi di quarta serie a cui scappa il coniglio dal retro della giacca mentre cercano di farlo comparire dal cilindro.
Mi sento di consigliarvi di non esagerare perché c’è il rischio che questi diversivi prendano il sopravvento e il giorno dopo si ascoltino dialoghi di questo tenore:
“Ciao dove sei stato ieri sera?”
“Sono stato in un posto in cui suonavano i Black Minchias”
“Foooorte!”
“Mah, insomma… Ogni tanto c’era uno che interrompeva per parlare di un libro…”
“Che libro?”
“Boh, non mi ricordo, sono ancora un po’ sbronzo di prosecco e poi c’era una con la maglietta bagnata che non ti dico…”

SCRITTORE ESORDIENTE IN ATTESA DI ISPIRAZIONE

venerdì 6 aprile 2012

CONVIVERE CON UNO SCRITTORE NON FAMOSO

So cosa state pensando: che questo post avrebbe dovuto scriverlo mia moglie.
E’ anche vero, però, che quando, come nel nostro caso, ci si conosce da almeno una vita (non so se credete nella reincarnazione, ma io non mi sentirei del tutto di escludere che certe coppie si rincontrino e continuino, masochisticamente, a risposarsi in ogni nuova esistenza), si finisce, se non proprio per imparare a leggere nel pensiero della consorte, a intuire comunque una fetta significativa dei suoi pensieri. Anzi: a volte è sufficiente registrare mentalmente la semplice angolazione anomala di un suo sopracciglio per capire che non solo non è d’accordo con quello che avete appena detto, ma sta pensando in tutta coscienza che siete un coglione. Per cui immaginate che questo post lo stia scrivendo dopo avere letto una mezzoretta nella sua mente.
Se state valutando di fidanzarvi o, comunque, in qualche modo di “compromettervi” con un aspirante scrittore/scrittrice è giusto che sappiate che vi state votando da un lato a una vita di stenti, in quanto non solo “carmina non dant panem”, ma neanche formaggio e tanto meno  bistecche, e dall’altro a una vita promiscua, a un torbido triangolo in cui sarete sempre lui, lei e l’altra. Il terzo incomodo si chiama scrittura e vi si piazzerà costantemente tra i piedi richiedendo prepotentemente una fetta significativa dell’attenzione del vostro compagno/a.
Proprio mentre siete nel bel mezzo di un’interessantissima disquisizione su come era vestita male la vostra amica Anastasia al matrimonio della Luciana, proprio nel momento esatto in cui state toccando l’apice descrivendo la bruttezza di quelle scarpe pitonate da “entreneuse” (per non dire “battona”, che suona male detto da una signora), vi capiterà di cogliere negli occhi di lui “quello” sguardo. Lo sguardo di chi fa spudoratamente finta di seguirvi mentre sta pensando a tutt’altro. Mi direte: e che c’è di nuovo? Non fanno così tutti gli uomini (dopo che gliel’avete data)? Verissimo, ma gli altri uomini magari sono distratti dai soliti pensieri elementari che popolano la mente dei maschi: pappa, cacca, calcio, macchina nuova.
Il vostro lui, invece, scrittore di opinabile talento e di sicura mancanza di fama, con ogni probabilità in quel preciso momento è mentalmente ed emotivamente insieme a “quell’altra”! Nella sua piccola mente perversa, infatti, sta probabilmente pensando a un possibile finale per il suo romanzo in lavorazione o, peggio, a come utilizzare la scena e i dialoghi che voi state descrivendo “cannibalizzandoli” in qualche racconto sul quale sta meditando da tempo.
Il grande problema dello scrittore non famoso, comunque, è la sua ondivaga autostima.
L’autostima dello scrittore non famoso raggiunge picchi vertiginosi solo in rarissime occasioni. Uno di questi casi è quando termina la prima stesura di un nuovo romanzo. Ma voi, che siete esperta e vivete da tempo con lui, sapete benissimo che si tratta solo di una breve parentesi e che l’indomani, quando comincerà a rileggere il suo lavoro, lo troverà inevitabilmente scadente e insoddisfacente e subito vorrà ritentare il suicidio ingoiando il viacal.
Altre ipotesi che fanno impennare l’autostima sono rappresentate, per esempio, dalla notizia di una segnalazione o di una “menzione d’onore” (menzione d’onore?) al Premio Letterario “Porchetta senza Frontiere”, o dalla mail entusiasta della signora Pina di Gallarate che scrive per informare vostro marito che ha letto il suo romanzo “Sette spose per sette piselli” e l’ha trovato davvero commovente. Fa niente se il romanzo era comico e lei non l’ha capito.
Ma sono, per l’appunto, brevi parentesi. Per il resto del tempo lo scrittore non famoso, da buon psicolabile, ha bisogno di continua assistenza psicologica. Per cui destino del compagno o della compagna dello scrittore non famoso è imparare a memoria appositi “mantra” contenenti frasi del tipo: “ma certo che hai talento”, “il fatto è che in Italia c’è una mafia letteraria”, “la gente, in media, è troppo ignorante”, “io ho grande fiducia in te” e simili. Dette frasi vanno ripetute con cadenza almeno giornaliera o anche più volte al dì, secondo necessità. Indifferente che sia prima o dopo i pasti.
Sostenere l’autostima dello scrittore non famoso è essenziale per diverse ragioni. In primo luogo se scende troppo lo scrittore non famoso non lavora più. E non sto parlando di lavoro letterario (che se foste sicura che non scrivesse più ci sarebbe da farci un pensierino), ma proprio di lavoro-lavoro. Se gli crolla l’autostima va a finire che si fa licenziare dal catasto o dalla banca. Scherziamo? E poi come lo pagate il mutuo? Con i 27 euro e 55 centesimi di royalties annui del suo ultimo romanzo? Ma poi quando allo scrittore non famoso gli cala l’autostima, poi “cala” anche qualcos’altro. Come si dice infatti in questi casi? Vogliamo dirlo in inglese che suona meno volgare? “The bird does not want thoughts” (la traduzione mentale, però va fatta in napoletano, che viene meglio). Quindi se ogni tanto volete ancora trombare col vostro scrittore non famoso, tocca “sostenerlo” in qualche modo. Mi permetto di suggerirvi di risparmiare sull’acquisto di pilloline blu e di utilizzare invece un bieco espediente praticamente gratuito: la sera, quando state scivolando sotto le coperte al suo fianco, prendete per un momento in mano il best seller dell’anno che tenete sul comodino, poi rimettetelo giù subito dopo con un (falso) gesto di insofferenza e mormorate, come per caso: “che stronzata ‘sto libro… ma la vuoi sapere la verità? Tu scrivi meglio di questo pallone gonfiato!”.
Risultato (nei limiti delle sue modeste possibilità) pressoché assicurato.



Scrittore non famoso reagisce alla notizia di non essere tra i vincitori del Premio Letterario Birra Raffo.

giovedì 5 aprile 2012

Cinque (im)perdibili consigli per comprare sempre il libro ideale!

La crisi incalza. I libri costano.
Aumenta, perciò, l’ansia di sbagliare l’acquisto e ritrovarsi tra le mani due o trecento inutili fogli rilegati che non si possono riciclare né per fare liste della spesa (dannazione! Sono già scritti) né come carta igienica (maledizione! Poi mi resta un paragrafo tatuato su una chiappa!).
So per certo che ad alcuni di voi la questione non interessa, ma niente paura: anche per i ladri di libri che si riempiono le tasche e poi escono senza pagare ho in serbo in futuro post interessanti.
Ci sono, comunque, delle tecniche, dei metodi, dei trucchi a cui si può ricorrere per essere certi di uscire dalla libreria (fisica o virtuale) con il libro giusto, che non deluderà le nostre attese.

Siccome sono generoso, ve li illustro:

1)      Se siete uno spocchioso finto-intellettuale che schifa sistematicamente il best seller del momento, entrate grazie all’aiuto di un amico hacker  (chi non ha al giorno d’oggi almeno un amico hacker a portata di mano?) sul sito IBS, o Amazon e controllate qual è il libro più sfigato, quello che nessuno si è neanche mai sognato di comprare, e acquistate esattamente quello! Niente paura, non dovete leggerlo per davvero, vi servirà solo da esibire nei circoli culturali che frequentate (non avendo nessuno da invitare a “bere qualcosa” nella speranza di finire poi sul sedile posteriore della vostra macchina…) per far vedere quanto siete alternativo e fuori dagli schemi. Se però il libro più sfigato di tutti dovesse essere, per esempio, un libro di automedicazione sulla gonorrea, mi sentirei di consigliarvi di acquistare il penultimo in ordine di sfiga.

2)      Se siete analfabeti e fate finta di essere appassionati di letteratura solo per far colpo sulla biondina che avete conosciuto in palestra, il libro perfetto per voi è il più grosso e pesante che riuscirete a trovare in libreria; tranquilli, non lo dovete leggere per davvero: semplicemente mentre lo tenete in mano, facendo finta leggere, sarà del peso giusto per fare gli esercizi per potenziare il tricipite.


3)      Se siete una romanticissima ragazza che piange come una fontana anche quando nei cartoni animati i Pokemon ritrovano la loro padroncina, lasciatevi guidare dal senso cromatico: il libro giusto per voi è il più rosa che c’è in libreria; unica cosa da controllare è che in copertina non ci sia il disegno di una pantera.

4)      Se siete appassionati di gialli e/o thriller e la storia per voi prevale su qualsiasi finezza stilistica, entrate in libreria e guardatevi intorno, osservate quelli che stanno leggendo qualche pagina dei libri in esposizione e individuate il lettore più concentrato di tutti, talmente concentrato da sbavare inavvertitamente da un lato della bocca. Sicuramente avrà tra le mani un giallo estremamente avvincente in cui si sarà immerso fino a perdere cognizione del mondo che lo circonda; a questo punto avvicinatevi di soppiatto e pugnalatelo al cuore col l’apposito pugnale di ghiaccio che avrete avuto cura di portare con voi (in modo che quando arriverà la polizia il pugnale si sarà sciolto senza lasciare traccia), quindi sottraetegli il libro e compratelo senza pensarci due volte. Unica accortezza: verificate prima che non sia un libro di foto sulle grandi pornostar del nostro secolo, nel qual caso il filo di bava che cola dal lato della bocca potrebbe non essere significativo.


5)       Se siete un appassionato di Moccia… vabbè, che vi devo dire? Per voi c’è poco da fare: compratevi Moccia!

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Fotografata su un muro di Bari



mercoledì 4 aprile 2012

Auto pubblicazione. Considerazioni & Dubbi.

Che ne pensate dell’auto-pubblicazione (o self publishing se preferite la dicitura anglofona)?
Trionfo democratico della creatività o indistinta palude in cui affonda la meritocrazia?
E’ un bene che chiunque possa pubblicare e, così, esprimersi, farsi leggere e, potenzialmente, diventare famoso, oppure ritenete che se troppi pubblicheranno nessuno verrà davvero letto (se non da pochissimi) e, alla fine, (come ha sostenuto, caustico, un critico di quelli che scrivono sui giornaloni) sarà un po’ come scrivere sulle pareti dei bagni degli Autogrill?
Chi vi scrive appartiene a una generazione per la quale pubblicare un libro ha sempre voluto dire (concettualmente) trovare un editore serio e professionale che giudica buono il tuo lavoro (perché ha competenza) e decide di metterlo sul mercato. Detto questo il mondo editoriale/letterario sta cambiando e chi scrive non è così vecchio da non rendersene conto e riesce ancora (incredibile eh?) a seguirne i mutamenti. Ma non per questo si sente soddisfatto.
Il WEB pullula di discussioni (e di offerte per pubblicare a costi più o meno contenuti) che prendono talvolta toni epici, quasi mistici. Ho letto ponderose teorizzazioni sul significato sociale e/o politico e/o filosofico di questa rivoluzione, di questo cambio di prospettiva che permette a chiunque abbia un PC e un collegamento a internet di diventare “scrittore”, con relativi insulti all’editoria tradizionale che strozza e blocca la creatività di troppi geni incompresi ed esaltazione del potere salvifico della Rete che consente, in estrema sintesi, “tutto a tutti”. Appena il caso di sottolineare che gli insulti all’editoria tradizionale non vengono dagli autori che pubblicano (e vendono) con detti editori ma, in genere, da quelli che sono rimasti fuori dalla spartizione della torta…
E giù tutti a richiamare l’esempio di quei (pochi, diciamo la verità) casi editoriali di libri auto-pubblicati che sono riusciti a vendere un paccone di copie!
Ma qui c’è odore di contraddizione perché una cosa è parlare di democrazia del WEB e di possibilità di esprimere liberamente la propria creatività e un’altra cosa parlare di vendite e soldini messi in saccoccia. Credo che tutti siamo ben consapevoli che successo nelle vendite e qualità non vanno necessariamente di pari passo e che talvolta vendono molte copie e fanno guadagnare parecchio dei pessimi libri (prodotti o auto-prodotti che siano).
I teorizzatori della bontà dell’auto pubblicazione insistono sul punto che “il lettore ha sempre ragione” e che devono essere i lettori a decidere cosa è buono e cosa è cattivo, senza la mediazione degli editori. E’ un bel concetto, suona bene e magari, in linea del tutto teorica, è anche giusto. Ma poi mi guardo intorno, penso al modo in cui io per primo utilizzo il WEB, al modo in cui vengono presentati e offerti al potenziale lettore i libri auto-prodotti e mi dico che, nella pratica, la cosa non sta in piedi.
Siti-mostro in cui, come api nelle loro cellette, un numero infinito di auto-scrittori espongono il loro libro, come bancarelle di un mercato talmente immenso che nessuno ha speranza di girarne se non una piccola parte. Un tutto elefantiaco e indistinto in cui esserci è come non esserci visto che solo chi viene indirizzato a calci (informatici) nel sedere finirà su quella specifica bancarella, in quanto l’eventualità che qualcuno ci capiti per caso diventerà sempre più infinitesimale col proliferare dell’offerta.
Auto pubblicarsi e lasciare lì il proprio lavoro, in attesa che il WEB se ne accorga, sta diventando come accendere una torcia elettrica e ospitarla nel deretano (come ha sintetizzato, caustico, un mio amico che non scrive per nessun giornalone).
Auto pubblicazione nell’immediato futuro significherà sempre più auto promozione. Significherà sempre più marketing. Quindi mi viene il sospetto che la "fantastica" soluzione dell’auto pubblicazione non sia tanto uno strumento che consente a chiunque di diventare scrittore quanto piuttosto uno strumento che consente di farsi notare a quelli tra gli aspiranti scrittori che sono anche bravi venditori.
Lo so, lo so, qualcuno si starà già incazzando pensando che anche mettendo in campo il miglior marketing librario non si potrà vendere un libro orribile. E posso essere d’accordo. Ma, secondo me, un libro auto prodotto che sia appena passabile, promosso in modo “professionale”, venderà probabilmente 100 volte più di un ottimo libro lasciato a languire senza promozione da uno scrittore timido o imbranato.
E allora di che democrazia creativa stiamo parlando?
La mia non è assolutamente una battaglia contro l’auto-pubblicazione. Solo un tentativo di ragionare sull’argomento. Non sto dicendo che l’auto pubblicazione debba andare debellata come la gramigna e, anzi, confesso senza problemi che, pur pubblicando i miei romanzi con un editore tradizionale, sto pensando seriamente alla possibilità di auto pubblicare.
Pensavo, per esempio, a una raccolta di racconti (magari solo per raccogliere in un unico volume quelli presenti nelle raccolte di piccoli editori in cui sono stato pubblicato negli anni scorsi) o, magari, a una raccolta di pezzi e racconti comici. Con la consapevolezza, però, almeno per quanto mi riguarda, che si tratterebbe di qualcosa di diverso da una “vera” pubblicazione.
Ma poi davvero le case editrici (quelle serie, intendo), pur con tutti i loro difetti, non hanno una più ragione di essere? Davvero sono solo macchine da soldi? Davvero non conservano tuttora - accanto all’indubbia tendenza predatoria - una funzione anche “qualitativa”, una valenza di setaccio, cui magari sfuggono di tanto in tanto lavori di pregio, ma capace di filtrare la gran parte dei manoscritti di qualità scadente?
Sono davvero così tante le opere geniali che non trovano editore? Ho dei dubbi.
Non so. Confesso che sull’argomento sono un po’ confuso…

lunedì 2 aprile 2012

GENIALI METODI PER FARE PROMOZIONE AL VOSTRO LIBRO IN MODO NON CONVENZIONALE

Giunto ormai alle soglie del terzo romanzo pubblicato, sento di essere un “espertone” su questo tema. Penso, infatti, di avere già commesso tutti i classici errori dell’autore esordiente, che consentono al predetto di ottenere esattamente l’effetto contrario a quello che voleva ottenere.
·         Organizzare presentazioni a cui si presentano poche persone e in cui si vendono al massimo 2 o 3 copie del libro? Ce l’ho!
·         Postare su internet la comunicazione sbagliata nel posto sbagliato nel momento sbagliato e (ovviamente) col tono sbagliato, attirandosi l’odio imperituro di utenti ferocissimi e vendicativi? Ce l’ho!
·         Non avere il coraggio di dire a più della metà delle persone che si conoscono che si è pubblicato un libro, come fosse una colpa vergognosa da tenere segreta invece che una bella notizia? Ce l’ho!
·         Un’altra che vi viene in mente? Ce l’ho!

Perciò ho riflettuto a lungo sull’argomento e, considerato che il numero degli autori di romanzi supera ormai di gran lunga quello dei lettori di romanzi, per cui c’è una concorrenza peggio che a vendere le salsicce alla Sagra della Salsiccia, mi sono reso conto della necessità di un “approccio diverso”.
Ma preventivamente, o autori esordienti che pendete dalle mie labbra, vi prego di rispondere a questa semplice domanda:
DOMANDA: siete figli/nipoti/parenti del signor Mondadori?
Se la risposta è SI allora non mi fate perdere tempo, stampate questa pagina, fatene una barchetta e mettetela a navigare nel piccolo lago privato che sicuramente papà/nonno/zio avrà fatto scavare nella tenuta di famiglia.
Se la risposta è NO allora continuate a leggere questo post.

L’autore esordiente che vuole fare pubblicità ai suoi romanzi troverà in commercio molti manuali di marketing “librario”, pieni di consigli su come organizzare le presentazioni, contattare i giornali, farsi una pagina WEB, interagire nei social network (no… non come quando fate i tacchini chattando con le ragazze su FB, non intendevo questo!). Si tratta di consigli scontati e stantii. Che richiedono un gran lavoro e una grande applicazione, mentre noi non abbiamo nessuna voglia di lavorare e di faticare e, comunque, anche volendo, non avremmo tempo perché dobbiamo passare la giornata a cazzeggiare su FB o a giocare alla Play Station. Giustamente.
Ecco allora venirvi in soccorso questo preziosissimo post, frutto della mia riflessione, che vi indicherà un certo numero di modi per far conoscere a tante persone in poco tempo voi e il vostro romanzo, con un dispendio di energie non superiore a quello di quando vi scaccolate.
A voi, quindi, un bell’elenco dei: GENIALI METODI DI FARE PROMOZIONE A UN LIBRO IN MODO NON CONVENZIONALE!
1)      DATEVI FUOCO – di per sé è un metodo facilissimo che dà molta visibilità (specie di notte, al buio) e vi proietterà immediatamente nell’empireo degli “autori di culto misconosciuti che siccome hanno fatto una brutta fine sono diventati famosi e la gente si compra il loro libro”; unico inconveniente l’attuale altissimo prezzo della benzina: una tanica di super senza piombo ha ormai un costo, davvero esorbitante, per recuperare il quale dovreste vendere più libri di Camilleri! Conosco uno di Genova, un po’ taccagnello, che ha provato a mettere in pratica il consiglio lasciando cadere un cerino in un cassonetto, aspettando che venisse su una bella fiamma e poi buttandosi dentro ma, a parte il fumo nero e la puzza, che non sono per niente “fini”, il cassonetto si è chiuso e lui è finito cotto come una porchetta; essendo successo il fatto, appunto, a Genova, un paio di furbi venditori di panini con la porchetta hanno pensato bene che era un peccato mandarlo sprecato e hanno sottratto il corpo per i loro meritorio commercio; a riguardo evidenzio che se uno scrittore si dà fuoco ma poi non si trova più il corpo carbonizzato da riprendere e mettere su You Tube, non va per niente bene.
2)      TROMBATEVI LA SIGNORA MONDADORI (O, IN ALTERNATIVA, SE SIETE UNA SCRITTRICE, DIRETTAMENTE IL SIGNOR MONDADORI) -  qualcuno ha obiettato che la Mondadori è ormai una grossa azienda con a capo un Consiglio di Amministrazione; mi sembra un’obiezione stupida e ottusa: basterà, infatti, trombarsi il Consiglio di Amministrazione;
3)      TATUATEVI LA COPERTINA DEL LIBRO SULLE CHIAPPE E ANDATE IN GIRO NUDI – questo consiglio non va bene per gli scrittori col culo flaccido perché le pieghe delle chiappe molli rendono il titolo difficilmente leggibile;
4)      ENTRATE IN TUTTE LE LIBRERIE D’ITALIA CON DEI FALSI CODICI A BARRE (CHE RIPRODUCONO IL CODICE A BARRE DEL VOSTRO LIBRO) E ATTACCATELI SOPRA QUELLI DEI PRIMI 10 LIBRI IN CLASSIFICA – così alla cassa il lettore ottico leggerà il vostro libro e voi finirete a fine settimana in testa alla classifica dei libri più venduti; poi pochi giorni dopo finirete in galera per truffa; questa sarà la vostra fortuna perché potrete subito uscire con un instant book che racconta la vostra storia;
5)      NASCONDETEVI NELLA SACRESTIADI SAN PIETRO E SCRIVETE DI NASCOSTO IL TITOLO DEL VOSTRO LIBRO SUL RETRO DELLA PIANETA CHE IL SANTO PADRE INDOSSERA’ NELLA MESSA IN MODOVISIONE – va da sé che, per educazione, sarà il caso di scrivere sotto, magari un po’ più in piccolo, anche il titolo dell’ultimo libro pubblicato dal Papa.

Vi anticipo fin d’ora che nel frattempo sto lavorando a un nuovo, interessantissimo post sul tema: “come rendere indimenticabile il vostro intervento all’assemblea di condominio utilizzando solo un grosso petardo e un sacco pieno di letame”!


(il mio consulente editoriale)